Reverse charge anche per i servizi di pulizia a partire dal 2015.
A disciplinarlo è il nuovo comma 6, lettera a)-ter dell’articolo 17 del DPR n. 633/72. Dal 2015 cambiano le regole per la fatturazione dei servizi di pulizia. La Legge di Stabilità 2015 (Legge n. 190/2014 pubblicata in G.U. del 29 dicembre 2014) ha modificato la disciplina Iva prevedendo nuove possibilità di utilizzo del reverse charge, ampliando le ipotesi prevista nell’articolo 17, comma 6, del D.P.R. n. 633/1972.
Il meccanismo del reverse charge – Il meccanismo del reverse charge permette l’emissione della fattura da parte del cedente o prestatore senza addebito d’imposta, con l’annotazione “inversione contabile” e l’indicazione della relativa norma. Il soggetto cliente dovrà integrare il documento ricevuto con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, annotandola sia nel registro delle fatture emesse, entro il mese di ricevimento, ovvero anche successivamente, ma entro 15 giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese, sia nel registro degli acquisti, ai fini della detrazione. Quindi l’imposta, registrata sia a debito che a credito, nella sostanza non viene versata dal cliente.
Le novità per i servizi di pulizia – In questi termini, la nuova lettera a)-ter del comma 6, dell’art. 17, prevede l’applicazione del reverse charge alle “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici”. E’ bene osservare che l’elemento determinante delle prestazioni indicate riguarda il riferimento agli edifici. Ed anche in questo senso devono essere ricondotte le prestazioni relative ai servizi di pulizia.
In particolare, l’applicazione del reverse charge riguarderà solo i documenti Iva emessi nei confronti di soggetti passivi e non, per esempio, verso persone fisiche o condomini. Per questi ultimi, si deve continuare ad addebitare l’imposta, applicando anche la ritenuta. Adesso, quindi, le imprese di pulizie hanno tre diverse modalità di emissione delle fatture a seconda delle caratteristiche soggettive del proprio cliente.
Fatture nei confronti di soggetti privati – Naturalmente il reverse charge non si applica se il cliente è un soggetto privo di partita Iva. Circostanza assai frequente nel settore delle pulizie, dove molte fatture vengono emesse, nei confronti di persone fisiche.
Fatture nei confronti di condomìni – Anche per i condomìni nulla cambia, se non prestare attenzione al fatto che nelle fatture verso condomini è necessario inserire in fattura la ritenuta d’acconto del 4%, in quanto il condomìni sono sostituti d’imposta, come prevede l’articolo 25-ter del Dpr n. 600/73, su tutti i corrispettivi per “prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi” effettuate nell’esercizio d’impresa (codice tributo 1019 per acconto Irpef o 1020 se la prestazione è stata resa da una società di capitali). Quindi, per i servizi di pulizia verso questi soggetti le regole di fatturazione non sono cambiate, quindi si continua ad emettere le fatture con Iva.
Fatture verso soggetti passivi Iva – Se la fattura è emessa verso soggetti passivi Iva (imprese o professionisti), oltre a non applicare la ritenuta d’acconto, dal primo gennaio 2015 non deve essere esposta l’Iva in fattura, e va riportata la dicitura “reverse charge” ai sensi dell’articolo 17, comma 6 lettera a)-ter, DPR n. 633/72. Questa modalità di fatturazione riguarda tutte le operazioni poste in essere dal primo gennaio 2015, quindi, considerando che si tratta di servizi, il momento di effettuazione dell’operazione coincide con il pagamento del relativo corrispettivo, eventualmente anticipato al momento della fatturazione, se la fattura viene emessa prima del pagamento.
Maxi sanzioni per errori formali
La lettera a-ter all’articolo 17, comma6, del Dpr 633/1972 estende il regime dell’inversione contabile alle prestazioni di pulizia, demolizione, installazione impianti e di completamento relative ad edifici. In attesa delle istruzioni ministeriali che definiranno con precisione l’ambito oggettivo (definizione di edificio, puntuale indicazioni delle varie casistiche), dal punto di vista soggettivo, a meno di diverse indicazioni dall’Economia, gli enti applicano l’inversione quando agiscono in ambito commerciale.
Gli enti locali ricevono fatture per pulizie o per l’installazione di impianti, ad esempio per la gestione impianti sportivi, asili nido, comunità per anziani, e, di conseguenza, saranno costretti ad organizzare le loro procedure per rispettare la norma. Con l’inversione contabile l’ente assolve l’imposta in luogo del fornitore, il quale emette fattura senza addebito dell’Iva che l’ente dovrà integrare con l’indicazione dell’aliquota e dell’imposta e annotarla nel registro vendite e, ai fini della detrazione, anche nel registro acquisti.
Gli uffici dovranno anzitutto individuare se gli acquisti rientrano nelle fattispecie previste dall’articolo 17, comma 6, lettera a-ter) del Dpr 633/1972: in tal caso, se la fattura riguarda acquisti della sfera commerciale si dovrà applicare l’inversione contabile. Nel caso di fatture promiscue, queste sono da assoggettare al reverse charge, ma sarà possibile esercitare la detrazione solo per la parte imputabile alla sfera commerciale.
Sarà quindi indispensabile comunicare a priori al fornitore se la prestazione da fatturare riguarda l’ambito istituzionale o commerciale, al fine di evitare le sanzioni previste dall’articolo 6, comma 9-bis del Dlgs 471/1997, che prevede la sanzione fra il 100 e il 200 per cento dell’imposta, con minimo 258 euro, per il cessionario/committente che non assolve l’imposta relativa agli acquisti mediante il meccanismo dell’inversione.
La medesima sanzione si applica al fornitore che ha irregolarmente addebitato l’imposta in fattura omettendone il versamento. L’assolvimento dell’imposta, ancorché irregolare, fermo restando il diritto alla detrazione, provoca una sanzione pari al 3% dell’imposta, con minimo 258 euro.
Questo regime sanzionatorio appare iniquo considerato che, in regime di piena detraibilità, il committente è tenuto ad assolvere l’imposta ma esercita contemporaneamente il diritto alla detrazione della stessa, rendendo nullo il danno per l’Erario.
Da tempo si richiede che queste violazioni non vengano sanzionate in quanto formali ma, considerato che nella giurisprudenza si è formato un prevalente orientamento, per il quale nella situazione descritta è dovuta la sanzione, la Cassazione con ordinanza n. 250.35 del 2013 ha richiesto una decisione alla Corte di Giustizia Europea.
È evidente il notevole aumento del rischio fiscale per gli enti, anche per attività esenti che sono, per loro natura, a rischio Iva minimo, soprattutto se si opta per l’esonero previsto dall’articolo 36-bis del Dpr 633/1972, che comporta la sola registrazione degli acquisti e poco altro.